Pignoramento dell’unica abitazione del contribuente da parte del Fisco

In presenza di debiti con l’Agenzia delle Entrate, si pone il problema del pignoramento dell’unica abitazione del contribuente, che non necessariamente coincide con la c.d. “prima casa”, che ad esempio non esclude la proprietà di una seconda casa.
Basti leggere l’art. 76 del d.P.R. n. 602/1973, recante “Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito“.
Esso prevede, infatti, i casi in cui l’Agente della riscossione non possa procedere all’espropriazione “dell’unico immobile di proprietà del debitore”.
Il fatto che unica abitazione del contribuente e “prima casa” spesso coincidano, è circostanza che non legittima la sovrapposizione di due figure diverse.

Ciò premesso, la legge limita i casi in cui l’unico immobile di proprietà del debitore possa essere oggetto di pignoramento.
In forza dell’art. 76, comma 1 del D.P.R 602/1973, l’ente della riscossione non può pignorare l’unico immobile di proprietà del contribuente, qualora:

  1. l’immobile in questione sia l’unica abitazione di proprietà;
  2. sia adibito a civile abitazione;
  3. sia il luogo di residenza del debitore;
  4. non sia accatastato come A/8 o A/9, categorie relative agli immobili di lusso.

Oltre a ciò, è previsto che l’agente della riscossione possa procedere al pignoramento dell’unico immobile di proprietà solo qualora il credito erariale superi l’importo di € 120.000,00.

Per importi inferiori, ma superiori ad € 20.000,00, l’agente della riscossione potrà solo provvedere all’iscrizione ipotecaria ma non ottenere il pignoramento.

Nella diversa ipotesi in cui il debitore sia titolare di più immobili, la lettera b) del primo comma dell’art. 76 prevede che si possa procedere all’espropriazione immobiliare se l’importo complessivo del credito per cui si procede superi la somma di € 120.000,00, e siano decorsi almeno sei mesi dall’iscrizione dell’ipoteca di cui all’art. 77 del d.P.R. n. 602/1973 senza che il debito sia stato estinto.

Al comma 2 dell’art. 76 del D.P.R 602/1973 è previsto inoltre che l’agente della riscossione non possa comunque procedere all’esecuzione immobiliare se il valore di base d’asta dei beni diminuito delle passività ipotecarie, aventi priorità sul credito erariale, sia inferiore al valore di € 120.000,00.

Tale precisazione è frutto dell’art. 8 del D.L. n. 50/2017, che ha modificato il comma 2 dell’art. 76. Infatti, prima della previsione di cui all’art. 8, il calcolo del valore di cui al 2° comma dell’art. 76 veniva effettuato per ciascuna unità immobiliare esecutabile. Ora, invece, detto calcolo viene effettuato sui “beni” del debitore e quindi sul suo patrimonio immobiliare che, pertanto, deve avere un “valore netto” (v. comma che precede) almeno pari a € 120.000,00, equivalente all’importo minimo del credito che l’agente della riscossione può recuperare mediante pignoramento immobiliare (rispettato il termine temporale di sei mesi dall’iscrizione ipotecaria sopra citato).

In altre parole, l’agente della riscossione può procedere al pignoramento immobiliare anche se il bene oggetto di esecuzione abbia un valore inferiore a € 120.000,00, qualora il valore complessivo dei beni di proprietà del debitore sia almeno pari a detto importo.

L’agente della riscossione può quindi procedere a pignoramento immobiliare nei confronti del contribuente in presenza delle seguenti condizioni:

  1. il debito è superiore a € 120.000,00;
  2. la somma del valore di tutti gli immobili di proprietà del debitore è almeno pari a € 120.000,00;
  3. sull’immobile oggetto di pignoramento è stata iscritta ipoteca per i debiti nei confronti dell’Erario e da quel momento sono decorsi sei mesi senza che sia avvenuto il pagamento.

In tutti i casi in cui il Fisco può procedere a pignoramento immobiliare nei confronti del contribuente, è opportuno valutare un accordo.

La legge consente infatti all’Agenzia delle Entrate di addivenire ad accordi con i creditori, sia nella fase precedente al pignoramento, accedendo agli strumenti stragiudiziali di composizione della crisi da sovraindebitamento; sia nel corso del pignoramento, tramite l’istanza “di conversione” da presentare al Giudice dell’esecuzione. E’ altresì possibile procedere alle definizioni agevolate periodicamente previste dalla legge o alla rateizzazione del debito fiscale in settantadue rate, in presenza di una temporanea situazione di obiettiva difficoltà ad adempiere, mediante apposita istanza presentata all’agente della riscossione. In caso di grave e comprovata difficoltà derivante dalla congiuntura economica, la dilazione di pagamento può essere concessa sino a un massimo di centoventi rate.

Si ricordi che per debiti fiscali superiori all’importo di € 60.000,00, il contribuente deve documentare la temporanea situazione di obiettiva difficoltà.

Un’ultima osservazione. L’art. 76 comma 1 del D.P.R 602/1973, esordisce riservando al Fisco il diritto di intervenire comunque nella procedura di esecuzione forzata ai sensi dell’art. 499 c.p.c..

Quindi, qualora concorrano le condizioni per l’impignorabilità di beni immobili da parte dell’agente di riscossione, lo stesso, pur non potendo iniziare una procedura esecutiva o dare impulso alla stessa, può intervenire nel processo iniziato da un terzo e far valere il proprio credito.

Qualora il creditore procedente rinunci all’azione, tale rinuncia paralizzerà anche l’azione dell’agente della riscossione, che riveste il ruolo di creditore intervenuto privo di titolo, quindi sprovvisto di alcun potere di impulso processuale.

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