La russian roulette clause, detta anche “patto del cowboy”, è una clausola comune nei patti e statuti societari, a far tempo dalle prime contaminazioni del diritto italiano con il diritto anglosassone.
Il suo scopo è di evitare situazione di stallo decisionale, e la conseguente paralisi della società.
Si prenda il caso di una S.r.l. partecipata in via paritetica, al 50%, da due soci.
È ormai prassi comune prevedere nello statuto o in un patto parasociale che, ricorrendo determinate ipotesi di stallo in assemblea o nel cda, l’uno o l’altro socio (la c.d. “Parte offerente”) abbia la facoltà di determinare il prezzo di trasferimento delle rispettive quote di partecipazione al capitale; e che l’esercizio di tale facoltà costringa l’altro socio (il “socio oblato”) alla seguente alternativa: o il socio oblato accetta di comprare la quota di partecipazione della Parte offerente al prezzo dalla stessa determinato, o, in difetto, la Parte offerente potrà comprare, al medesimo prezzo, la quota di partecipazione del socio oblato.
È evidente che questa clausola si presta a diverse formulazioni, mantenendo comunque la funzione di determinare la cessazione dello stallo della società.
A margine di detta clausola, la cui validità è stata riconosciuta, con dei distinguo, dai Consigli notarili chiamati a pronunciarsi sulla sua validità (v. infra), si è affiancata una querelle giudiziaria che ha sancito in primo e in secondo grado la validità della clausola in questione (Trib. Roma, Sez. spec. imprese, 19 ottobre 2017, n. 19708; App. Roma, Sez. spec. imprese, 3 febbraio 2020, n. 782).
La stessa è stata infatti riconosciuta come diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, evitando situazione di paralisi dell’operatività della società e concedendo ad entrambi i soci il diritto di rendersi acquirenti o venditori delle partecipazioni dell’altro socio.
Inoltre, all’interno del diritto societario non esiste alcuna norma imperativa implicita che vieti o renda illegittima ex ante una clausola antistallo del tipo della russian roulette clause, a patto che la clausola non porti ad una determinazione iniqua del prezzo della partecipazione.
La giurisprudenza della Suprema Corte, con ordinanza n. 13545 del 29 aprile 2022, chiamata a pronunciarsi sulla sentenza della Corte d’Appello di Roma, Sez. spec. imprese, 3 febbraio 2020, n. 782, stante l’assoluta novità e complessità delle questioni sollevate, ha ritenuto necessario affidare un approfondimento della russian roulette clause all’ufficio del Massimario e del Ruolo, alla luce del quadro normativo, giurisprudenziale e dottrinale, anche straniero, di tale clausola, con particolare riguardo alla sua validità ed efficacia tra le parti stipulanti.
Più pragmaticamente, i Consigli notarili investiti della valutazione di tale clausola non hanno avuto difficoltà a dichiararne la legittimità.
Tuttavia, vi è un’aperta spaccatura tra il Consiglio dell’Ordine di Milano e quello di Firenze sul controvalore economico della partecipazione del socio uscente.
Il primo, con la massima n. 181/2019, ha precisato che la russian roulette clause è legittima, ma subordinatamente al fatto che, in caso di liquidazione del socio uscente, il prezzo stabilito dal socio proponente non sia inferiore al valore di mercato della partecipazione.
Il secondo, con la massima n. 73/2020, ha specificato che la russian roulette clause è legittima anche se preveda la liquidazione del socio uscente a un prezzo non allineato al valore monetario che il socio stesso percepirebbe in caso di recesso dalla società o di riscatto delle sue partecipazioni.
Stante la suddetta differenza di vedute tra i due Consigli notarili, sarebbe utile un intervento chiarificatore della Suprema Corte.