L’acquisto di un immobile è un’operazione che comporta spesso notevoli impegni, sia economici che burocratici. Tuttavia, quando l’immobile che si desidera acquistare ha una provenienza donativa, ovvero è stato ceduto al venditore tramite donazione, emergono particolari complicazioni legate alla disciplina successoria italiana, che tutela i diritti degli eredi legittimari. L’acquirente può così trovarsi in una situazione delicata, dove l’acquisto stesso potrebbe essere messo in discussione anche molti anni dopo la compravendita. È quindi essenziale comprendere quali siano le principali problematiche e conoscere le precauzioni da adottare per evitare di incorrere in rischi imprevisti.
I legittimari e la loro tutela
Il diritto italiano riserva una protezione speciale a determinati eredi, definiti legittimari, che includono il coniuge, i figli e, in loro assenza, gli ascendenti, come i genitori del donante. Tali soggetti, ai quali spetta una quota di eredità stabilita dalla legge, non possono essere privati dei loro diritti a favore di altri, nemmeno attraverso atti compiuti in vita dal futuro defunto, come le donazioni. L’obiettivo di questa tutela è di garantire che nessun legittimario sia ingiustamente escluso dalla successione o penalizzato rispetto agli altri eredi.
Quando un legittimario viene escluso o la sua quota viene ridotta in favore di altre persone, è possibile che egli eserciti un’azione legale per ristabilire i suoi diritti ereditari. Questo strumento è noto come azione di riduzione e consente al legittimario di ottenere la reintegrazione della sua quota. Nel caso di un immobile, l’azione di riduzione si traduce nella possibilità di recuperare il bene o, se questo è stato venduto, di rivolgersi all’acquirente per chiedere un risarcimento in denaro. L’azione di riduzione rappresenta dunque un diritto fondamentale che prevale anche sugli acquisti effettuati da terzi, ponendo così a rischio la sicurezza dell’acquirente di un immobile proveniente da donazione.
L’azione di riduzione: una tutela per gli eredi e un rischio per l’acquirente
L’azione di riduzione è un diritto che può essere esercitato dal legittimario una volta che si apre la successione, ossia al momento del decesso del donante. La legge concede ai legittimari un termine di dieci anni per avviare tale azione, partendo dalla data di apertura della successione stessa. Questo termine rappresenta per gli eredi legittimari una finestra di opportunità per reclamare quanto è loro dovuto. Tuttavia, per chi acquista un immobile con provenienza donativa, tale diritto rappresenta una possibile fonte di rischio. Anche a distanza di anni dall’acquisto, l’acquirente potrebbe vedersi citato in giudizio dal legittimario che reclama il diritto sulla proprietà, con l’obbligo di restituire l’immobile o, in alcuni casi, di compensare economicamente l’erede leso.
Il rischio per l’acquirente aumenta nei casi in cui l’immobile costituisce una parte rilevante della quota legittima, o quando il donatario originario non ha beni sufficienti per soddisfare le richieste dei legittimari. In tali circostanze, i legittimari possono esercitare il diritto di riduzione direttamente sull’immobile, esponendo l’acquirente alla perdita della proprietà o a un esborso economico significativo. Questa eventualità fa comprendere quanto sia importante effettuare una verifica approfondita prima di procedere con l’acquisto di un immobile che proviene da una donazione.
Il problema della retroattività e i suoi effetti sulla compravendita
Uno degli aspetti più complessi legati all’acquisto di un immobile proveniente da donazione è rappresentato dalla retroattività degli effetti della sentenza che accoglie l’azione di riduzione. Questo significa che, qualora un giudice confermi la legittimità della richiesta del legittimario, l’acquisto dell’immobile potrebbe essere annullato retroattivamente, come se non fosse mai avvenuto. Tale effetto è particolarmente gravoso per l’acquirente, che si ritrova coinvolto in una controversia ereditaria di cui potrebbe non essere stato a conoscenza al momento dell’acquisto.
A ciò si aggiunge che l’azione di riduzione può essere esercitata anche contro gli acquirenti successivi, cioè coloro che hanno acquistato l’immobile dal donatario originario. Questo effetto a catena rende gli immobili di provenienza donativa particolarmente a rischio, poiché il diritto dei legittimari ha priorità su qualunque vendita effettuata dal donatario e sui passaggi di proprietà successivi. Di fatto, l’acquirente di un immobile con provenienza donativa può essere considerato un potenziale debitore per il legittimario, il quale conserva il diritto alla quota di legittima e può chiederne la restituzione. Questo rischio può indurre l’acquirente a rinunciare all’acquisto o, in alternativa, a prendere precauzioni specifiche per proteggersi.
L’impatto dell’incertezza sui mutui ipotecari
L’acquisto di una casa di provenienza donativa si scontra spesso con un ulteriore ostacolo, ovvero la difficoltà di ottenere un finanziamento ipotecario. Gli istituti di credito, infatti, valutano con particolare attenzione il rischio associato agli immobili provenienti da donazione, poiché il possibile intervento dei legittimari potrebbe compromettere la garanzia rappresentata dall’ipoteca. L’ipoteca costituisce, infatti, uno strumento essenziale per la banca, in quanto le permette di recuperare il credito concesso all’acquirente in caso di insolvenza. Tuttavia, qualora venisse esercitata un’azione di riduzione da parte di un legittimario leso e questa venisse accolta, l’immobile potrebbe essere sottratto al patrimonio dell’acquirente e tornare in quello dell’erede legittimario, annullando, di fatto, la garanzia ipotecaria.
In tal caso, la banca si ritroverebbe senza tutela efficace per il credito concesso, con la conseguente perdita del diritto di procedere con un’esecuzione forzata sull’immobile in questione. A causa di questa prospettiva, gli istituti di credito sono generalmente molto cauti quando si tratta di erogare mutui su immobili di provenienza donativa. Tale cautela si traduce spesso in un vero e proprio rifiuto a concedere il finanziamento, soprattutto quando l’immobile donato non offre le necessarie garanzie di sicurezza giuridica. Anche laddove la banca decida di procedere con l’erogazione del mutuo, è solitamente prevista una procedura più restrittiva, con vincoli che limitano la possibilità di accesso al credito per l’acquirente, come richieste di maggiori garanzie o condizioni specifiche.
In molti casi, le banche richiedono che siano trascorsi almeno venti anni dalla trascrizione della donazione per poter accettare l’immobile come garanzia ipotecaria. Questo termine di venti anni rappresenta una soglia cruciale, poiché, superato tale periodo, la legge prevede che l’azione di riduzione da parte dei legittimari non possa più essere esercitata, a meno che non sia stata preventivamente trascritta un’opposizione alla donazione nei registri immobiliari. Passati venti anni, quindi, la banca può considerare la garanzia più sicura, sapendo che eventuali eredi non avranno più titolo per rivendicare il bene.
Tuttavia, la possibilità di sospendere questo termine attraverso l’opposizione alla donazione complica ulteriormente la situazione. Un’opposizione alla donazione è un atto giuridico che il legittimario può trascrivere nei pubblici registri per bloccare il decorso del termine ventennale e preservare il diritto di riduzione. In pratica, se un legittimario sospetta che il bene donato potrebbe violare la propria quota di legittima, può formalizzare l’opposizione, congelando la scadenza del termine e prolungando il periodo di incertezza giuridica. Questo implica che anche un immobile donato oltre venti anni prima potrebbe non essere del tutto sicuro se è stata trascritta un’opposizione, scoraggiando ulteriormente gli istituti di credito.
L’effetto di tale sospensione è estremamente rilevante: una volta trascritta, l’opposizione vincola la proprietà fino a una rinuncia espressa da parte del legittimario o alla decadenza della sua efficacia, rendendo incerto il futuro del bene per chiunque intenda acquistarlo o accenderci un’ipoteca. Per gli istituti di credito, questa incertezza è particolarmente rilevante in quanto mina il valore stesso dell’ipoteca, che, senza certezza sulla stabilità del diritto di proprietà dell’acquirente, risulta meno efficace e sicura. Questa condizione fa sì che, per cautelarsi, le banche possano richiedere documentazione aggiuntiva e maggiori garanzie personali al mutuatario, come una fideiussione o un pegno su altri beni di valore.
Nonostante tali precauzioni, anche nei casi in cui l’istituto di credito accetti di finanziare l’acquisto di un immobile donato, l’operazione comporta per l’acquirente un costo generalmente maggiore, sia in termini di interessi che di ulteriori oneri assicurativi, richiesti a tutela del prestito. La banca può anche imporre un tasso d’interesse più alto per compensare il rischio aggiuntivo legato alla possibilità di un contenzioso successorio. Inoltre, spesso viene richiesta una polizza assicurativa aggiuntiva, nota come polizza donazione sicura, che offre una copertura nel caso in cui l’azione di riduzione venga esercitata, prevedendo un risarcimento in favore della banca.
Il termine di venti anni: una limitazione al diritto di restituzione
Il nostro ordinamento prevede una limitazione alla possibilità di esercitare il diritto di restituzione da parte dei legittimari. Trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, infatti, l’immobile è definitivamente sottratto alla rivendicazione, garantendo una sicurezza per gli acquirenti che intendano acquistare un bene con provenienza donativa. Tuttavia, per rendere effettiva questa tutela, è necessario che non siano state presentate opposizioni alla donazione nei venti anni successivi alla sua trascrizione.
L’opposizione alla donazione è uno strumento con cui i legittimari possono prolungare i termini entro cui esercitare l’azione di riduzione. Questo atto va notificato e trascritto presso i registri immobiliari, producendo l’effetto di sospendere il termine ventennale e consentendo ai legittimari di rivendicare l’immobile anche oltre tale periodo. È bene quindi che l’acquirente verifichi sempre se sulla proprietà che intende acquistare sia stata presentata un’opposizione alla donazione, poiché questa prolunga il periodo di rischio e può compromettere la sicurezza dell’acquisto. In assenza di opposizioni, trascorsi venti anni, l’acquirente può considerare l’immobile libero da rivendicazioni legate alla donazione.
La risoluzione per mutuo dissenso: una via d’uscita per l’acquirente
Per superare le difficoltà connesse alla provenienza donativa, una delle soluzioni più praticate è rappresentata dalla risoluzione della donazione per mutuo dissenso. Questo strumento giuridico, previsto dal Codice civile, consente al donante e al donatario di annullare l’atto di donazione, riportando l’immobile nella piena disponibilità del donante. Tale risoluzione permette di eliminare i rischi legati all’azione di riduzione, poiché il bene ritorna al donante e può essere successivamente venduto senza problemi.
La risoluzione per mutuo dissenso, tuttavia, è praticabile solo se il donante è ancora in vita e richiede il consenso sia del donante che del donatario. Inoltre, poiché tale risoluzione ha effetti retroattivi, elimina ogni effetto della donazione come se non fosse mai stata compiuta. Questo strumento richiede comunque l’assistenza di un notaio, che può garantire il rispetto delle formalità legali e il corretto adempimento delle imposte indirette che si applicano all’operazione. La consulenza notarile risulta quindi essenziale per procedere in sicurezza.
L’importanza di affidarsi a un esperto per tutelarsi
L’acquisto di un immobile con provenienza donativa comporta, come si è visto, una serie di rischi e complicazioni che richiedono competenze specifiche. Rivolgersi a un avvocato specializzato rappresenta dunque la scelta più prudente per un potenziale acquirente. L’avvocato può verificare la storia del bene e fornire una consulenza completa sui rischi e sulle possibili soluzioni, come il mutuo dissenso o la verifica del decorso dei venti anni dalla donazione.
La consulenza professionale consente inoltre di evitare spiacevoli sorprese, come la scoperta di opposizioni o di potenziali rivendicazioni dei legittimari. Attraverso un’analisi dettagliata della situazione patrimoniale e successoria del donante, è possibile prendere decisioni informate e, se necessario, richiedere garanzie aggiuntive per ridurre il rischio di controversie future. In questo modo, l’acquirente può affrontare l’acquisto con maggiore serenità, consapevole di aver adottato tutte le misure di tutela necessari.
*Coautore: dott. Francesco Romeo.