Modalità di attribuzione dei beni del de cuius (dall’apertura alla chiusura della successione)

Modalità di attribuzione dei beni del de cuius (dall’apertura alla chiusura della successione)

Apertura della successione e acquisto dell’eredità

La successione si apre al momento della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto.

L’eredità si devolve per legge o per testamento. Si procede alla successione legittima quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria. Le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari. L’eredità si acquista con l’accettazione.

Accettazione dell’eredità

L’eredità può essere accettata puramente e semplicemente o col beneficio d’inventario (art. 470 c.c.).

Le eredità devolute a minori, interdetti giudiziali, inabilitati, minori emancipati, persone giuridiche o ad associazioni, fondazioni ed enti non riconosciuti si possono accettare solo col beneficio d’inventario.

L’accettazione può essere espressa (art. 475 c.c.), quando in un atto pubblico o in una scrittura privata, il chiamato all’eredità ha dichiarato di accettarla oppure ha assunto il titolo di erede. È nulla la dichiarazione di accettazione dell’eredità in via parziale, sotto condizione o con indicazione di termine.

L’accettazione è tacita (art. 476 c.c.) quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare. La donazione, la vendita o la cessione, che il chiamato all’eredità faccia dei suoi diritti di successione, determina accettazione dell’eredità.

Se il chiamato all’eredità muore senza averla accettata, il diritto di accettare l’eredità si trasmette agli eredi. Se questi non sono d’accordo per accettare o rinunziare, colui che accetta l’eredità acquista tutti i diritti e soggiace a tutti i pesi ereditari, mentre vi rimane estraneo chi ha rinunciato. Il diritto di accettare l’eredità si prescrive in dieci anni dal giorno dell’apertura della successione.

Chiunque vi abbia interesse può chiedere che l’autorità giudiziaria fissi un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o rinunzia all’eredità. Trascorso questo termine senza che abbia fatto la dichiarazione, il chiamato perde il diritto di accettare.

L’accettazione dell’eredità si può impugnare quando è effetto di violenza o di dolo. L’azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui è cessata la violenza o è stato scoperto il dolo.
L’accettazione dell’eredità non si può impugnare se viziata da errore, ma se si scopre un testamento del quale non si aveva notizia al tempo dell’accettazione, l’erede non è tenuto a soddisfare i legati scritti in esso oltre il valore dell’eredità, o con pregiudizio della porzione legittima che gli è dovuta.

L’effetto dell’accettazione risale al momento nel quale si è aperta la successione.

Tranne il caso in cui sia stato nominato un curatore dell’eredità, il chiamato all’eredità può esercitare le azioni possessorie a tutela dei beni ereditari, senza bisogno di materiale apprensione. Egli inoltre può compiere atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea, e può farsi autorizzare dall’autorità giudiziaria a vendere i beni che non si possono conservare.

Se il chiamato rinunzia all’eredità, le spese sostenute sono a carico dell’eredità.

La capacità di succedere

Sono capaci di succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell’apertura della successione (art. 462 c.c.). Salvo prova contraria, si presume concepito al tempo dell’apertura della successione chi è nato entro i trecento giorni dalla morte della persona della cui successione si tratta. Possono inoltre ricevere per testamento i figli di una determinata persona vivente al tempo della morte del testatore, benché non ancora concepiti.

L’indegnità

È escluso dalla successione come indegno (art. 463 e sgg. c.c.):

  • chi ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona della cui successione si tratta, o il coniuge, o un discendente, o un ascendente della medesima;
  • ha calunniato, denunciando una di tali persone che egli sa innocente, per reato punibile, con l’ergastolo o con la reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a tre anni, ovvero ha falsamente testimoniato contro le persone medesime imputate dei predetti reati;
  • chi, essendo decaduto dalla potestà genitoriale nei confronti della persona della cui successione si tratta, non è stato reintegrato nella potestà alla data di apertura della successione;
  • chi ha indotto con dolo o violenza la persona, della cui successione si tratta, a fare, revocare o mutare il testamento;
  • chi ha soppresso, celato o alterato il testamento dal quale la successione sarebbe stata regolata;
  • chi ha formato un testamento falso o ne ha fatto scientemente uso.

Colui che è escluso per indegnità dalla successione non ha sui beni della medesima che siano devoluti ai suoi figli, i diritti di usufrutto o di amministrazione che la legge accorda ai genitori. Chi è incorso nell’indegnità è ammesso a succedere quando la persona, della cui successione si tratta, ve lo ha espressamente abilitato con atto pubblico o con un testamento. Tuttavia l’indegno non espressamente abilitato, se è stato contemplato nel testamento quando il testatore conosceva la causa dell’indegnità, è ammesso a succedere nei limiti della disposizione testamentaria.

Il beneficio d’inventario

L’accettazione col beneficio d’inventario si fa mediante dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione e inserita nel registro delle successioni conservato nello stesso tribunale (art. 484 e sgg. c.c.).

Entro un mese dall’inserzione, la dichiarazione deve essere trascritta, a cura del cancelliere, presso l’ufficio dei registri immobiliari del luogo in cui si è aperta la successione. La dichiarazione deve essere preceduta o seguita dall’inventario, nelle forme prescritte dal codice di procedura civile.

Se l’inventario è fatto prima della dichiarazione, nel registro deve pure menzionarsi la data in cui esso è stato compiuto. Se l’inventario è fatto dopo la dichiarazione, l’ufficiale pubblico che lo ha redatto deve, nel termine di un mese, far inserire nel registro l’annotazione della data in cui esso è stato compiuto.

Il chiamato all’eredità, quando a qualsiasi titolo è nel possesso di beni ereditari, deve fare l’inventario entro tre mesi dal giorno dell’apertura della successione o della notizia della devoluta eredità. Se entro questo termine lo ha cominciato ma non è stato in grado di completarlo, può ottenere dal tribunale del luogo in cui si è aperta la successione una proroga che, salvo gravi circostanze, non deve eccedere i tre mesi.

Trascorso tale termine senza che l’inventario sia stato compiuto, il chiamato all’eredità è considerato erede puro e semplice. Compiuto l’inventario, il chiamato che non abbia ancora fatto la dichiarazione di accettazione o rinuncia di eredità, ha un termine di quaranta giorni da quello del compimento dell’inventario medesimo, per deliberare se accetta o rinunzia all’eredità. Trascorso questo termine senza che abbia deliberato, è considerato erede puro e semplice.
Il chiamato all’eredità che non è nel possesso di beni ereditari, può fare la dichiarazione di accettare col beneficio d’inventario, fino a che il diritto di accettare non è prescritto.

Quando ha fatto la dichiarazione, deve compiere l’inventario nel termine di tre mesi dalla dichiarazione, in mancanza è considerato erede puro e semplice. Quando ha fatto l’inventario non preceduto da dichiarazione d’accettazione, questa deve essere fatta nei quaranta giorni successivi al compimento dell’inventario; in mancanza il chiamato perde il diritto di accettare l’eredità.

L’effetto del beneficio d’inventario consiste nel tener distinto il patrimonio del defunto da quello dell’erede. Conseguentemente:

  1. l’erede conserva verso l’eredità tutti i diritti e tutti gli obblighi che aveva verso il defunto, tranne quelli che si sono estinti per effetto della morte;
  2. l’erede non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti;
  3. i creditori dell’eredità e i legatari hanno preferenza sul patrimonio ereditario di fronte ai creditori dell’erede. Essi però non sono dispensati dal domandare la separazione dei beni, se vogliono conservare questa preferenza anche nel caso che l’erede decada dal beneficio d’inventario o vi rinunci.

L’erede decade dal beneficio d’inventario, se aliena o sottopone a pegno o ipoteca beni ereditari. Per i beni mobili l’autorizzazione non è necessaria trascorsi cinque anni dalla dichiarazione di accettare con beneficio d’inventario.

Dal beneficio d’inventario decade l’erede che ha omesso in mala fede di denunciare nell’inventario beni appartenenti all’eredità, o che ha denunciato in mala fede, nell’inventario stesso, passività non esistenti.

Pagamento dei creditori e legatari

Trascorso un mese dalla trascrizione della dichiarazione di accettazione con beneficio d’inventario, la dichiarazione deve essere trascritta, a cura del cancelliere, presso l’ufficio dei registri immobiliari del luogo in cui si è aperta la successione. L’erede, quando creditori o legatari non si oppongono, paga i creditori e i legatari.

L’erede ha l’obbligo di rendere conto della sua amministrazione ai creditori e ai legatari, i quali possono fare assegnare un termine all’erede. L’erede non può essere costretto al pagamento con i propri beni, se non quando è stato costituito in mora a presentare il conto e non ha ancora soddisfatto quest’obbligo.

Qualora sia stata notificata opposizione da parte di creditori o di legatari, l’erede non può eseguire pagamenti, ma deve provvedere alla liquidazione dell’eredità nell’interesse di tutti i creditori e legatari. Egli, non oltre un mese dalla notificazione dell’opposizione, deve invitare i creditori e i legatari a presentare le dichiarazioni di credito, successivamente l’erede provvede, con l’assistenza del notaio, a liquidare le attività ereditarie facendosi autorizzare alle alienazioni necessarie. L’erede forma, con l’assistenza del notaio, lo stato di graduazione.

I creditori sono collocati secondo i rispettivi diritti di prelazione. Essi sono preferiti ai legatari. Tra i creditori non aventi diritto di prelazione, l’attivo ereditario è ripartito in proporzione dei rispettivi crediti.

Compiuto lo stato di graduazione, il notaio ne dà avviso con raccomandata ai creditori e legatari di cui è noto il domicilio. Trascorsi senza reclami trenta giorni dalla data di questa pubblicazione, lo stato di graduazione diviene definitivo.

Se vi sono più eredi con beneficio d’inventario, ciascuno può promuovere la liquidazione; ma deve convocare i propri coeredi davanti al notaio nel termine che questi ha stabilito per la dichiarazione dei crediti. I coeredi che non si presentano sono rappresentati nella liquidazione dal notaio. L’erede, che in caso di opposizione, non compie la liquidazione o lo stato di graduazione, decade dal beneficio d’inventario.

L’erede, non oltre un mese dalla scadenza del termine stabilito per presentare le dichiarazioni di credito, se non ha provveduto ad alcun atto di liquidazione, può rilasciare tutti i beni ereditari a favore dei creditori e dei legatari. A tal fine l’erede deve dare avviso ai creditori e ai legatari dei quali è noto il domicilio o la residenza; deve iscrivere la dichiarazione di rilascio nel registro delle successioni e trascrivere il documento presso gli uffici dei registri immobiliari dei luoghi in cui si trovano gli immobili ereditari e presso gli uffici dove sono registrati i beni mobili. Dal momento in cui è trascritta la dichiarazione di rilascio, gli atti di disposizione dei beni ereditari compiuti dall’erede sono senza effetto rispetto ai creditori e ai legatari. L’erede deve consegnare i beni al curatore della successione, dopo la consegna, egli resta liberato da ogni responsabilità per i debiti ereditari.

Trascritta la dichiarazione di rilascio, il tribunale del luogo dell’aperta successione, su istanza dell’erede o di uno dei creditori o legatari, o anche d’ufficio, nomina un curatore, perché provveda alla liquidazione. Il decreto di nomina del curatore è iscritto nel registro delle successioni. Le attività che residuano, pagate le spese della curatela e soddisfatti i creditori e i legatari collocati nello stato di graduazione, spettano all’erede.

Se, dopo la scadenza del termine stabilito per presentare le dichiarazioni di credito, l’erede incorre nella decadenza dal beneficio d’inventario, ma nessuno dei creditori o legatari la fa valere, il tribunale del luogo dell’aperta successione, su istanza di uno dei creditori o legatari, sentiti l’erede e coloro che hanno presentato le dichiarazioni di credito, può nominare un curatore con l’incarico di provvedere alla liquidazione dell’eredità.

Dopo la nomina del curatore, la decadenza dal beneficio non può più essere fatta valere. L’erede perde l’amministrazione dei beni ed è tenuto a consegnarli al curatore. Gli atti di disposizione che l’erede compie dopo aver trascritto il decreto di nomina del curatore sono senza effetto rispetto ai creditori e ai legatari.

L’accettazione con beneficio d’inventario fatta da uno dei chiamati giova a tutti gli altri, anche se l’inventario è compiuto da un chiamato diverso da quello che ha fatto la dichiarazione.

Le spese dell’apposizione dei sigilli, dell’inventario e di ogni altro atto dipendente dall’accettazione con beneficio d’inventario sono a carico dell’eredità
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La separazione dei beni del defunto da quelli dell’erede

La separazione dei beni del defunto da quelli dell’erede assicura il soddisfacimento, con i beni del defunto, dei creditori di lui e dei legatari che l’hanno esercitata, a preferenza dei creditori dell’erede (art. 512 e sgg. c.c.). Il diritto alla separazione spetta anche ai creditori o legatari che hanno altre garanzie sui beni del defunto. La separazione non impedisce ai creditori e ai legatari che l’hanno esercitata, di soddisfarsi anche sui beni propri dell’erede.

I creditori del defunto possono esercitare la separazione anche rispetto ai beni che formano oggetto di legato di specie.

Rapporti tra creditori separatisti e non separatisti

I creditori e i legatari che hanno esercitato la separazione hanno diritto di soddisfarsi sui beni separati a preferenza dei creditori e dei legatari che non l’hanno esercitata, quando il valore della parte di patrimonio non separata sarebbe stato sufficiente a soddisfare i creditori e i legatari non separatisti.

Fuori di questo caso, i creditori e i legatari non separatisti possono concorrere con coloro che hanno esercitato la separazione; ma se parte del patrimonio non è stata separata il valore di questa si aggiunge al prezzo dei beni separati per determinare quanto spetterebbe a ciascuno dei concorrenti e quindi si considera come attribuito integralmente ai creditori e ai legatari non separatisti.

Quando la separazione è esercitata da creditori e legatari, i creditori sono preferiti ai legatari. La preferenza è anche accordata, nel caso previsto dal comma precedente, ai creditori non separatisti di fronte ai legatari separatisti. Restano salve in ogni caso le cause di prelazione.

L’erede può impedire o far cessare la separazione pagando i creditori e i legatari, e dando cauzione per il pagamento di quelli il cui diritto è sospeso da condizione o sottoposto a termine oppure è contestato.

Il diritto alla separazione deve essere esercitato entro il termine di tre mesi dall’apertura della successione.

Il diritto alla separazione riguardo ai mobili si esercita mediante domanda giudiziale. La domanda si propone con ricorso al tribunale del luogo dell’aperta successione, il quale ordina l’inventario, se non è ancora fatto, e dà le disposizioni necessarie per la conservazione dei beni stessi. Riguardo ai mobili già alienati dall’erede, il diritto alla separazione comprende soltanto il prezzo non ancora pagato.

Riguardo agli immobili e agli altri beni capaci d’ipoteca, il diritto alla separazione si esercita mediante l’iscrizione del credito o del legato sopra ciascuno dei beni stessi. L’iscrizione si esegue nei modi stabiliti per iscrivere le ipoteche, indicando il nome del defunto e quello dell’erede, se è conosciuto, e dichiarando che l’iscrizione stessa viene presa a titolo di separazione dei beni. Per tale iscrizione non è necessario esibire il titolo.

Le iscrizioni a titolo di separazione, anche se eseguite in tempi diversi, prendono tutte il grado della prima e prevalgono sulle trascrizioni ed iscrizioni contro l’erede o il legatario, anche se anteriori. Alle iscrizioni a titolo di separazione sono applicabili le norme sulle ipoteche.

La rinunzia all’eredità

La rinunzia all’eredità deve farsi con dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione e inserita nel registro delle successioni (art. 519 e sgg. c.c.).
La rinunzia fatta gratuitamente a favore di tutti coloro ai quali si sarebbe devoluta la quota del rinunziante non ha effetto finché, a cura di alcuna delle parti, non siano osservate le forme indicate nel comma precedente.

È nulla la rinunzia fatta sotto condizione o a termine o solo per parte.

Chi rinunzia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato.

Nelle successioni legittime la parte di colui che rinunzia viene attribuita a coloro che avrebbero concorso col rinunziante. Se il rinunziante è solo, l’eredità si devolve a coloro ai quali spetterebbe nel caso che egli mancasse.

Se taluno rinunzia, benché senza frode, a un’eredità con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti. Il diritto dei creditori si prescrive in cinque anni dalla rinunzia.

Fino a che il diritto di accettare l’eredità non è prescritto contro i chiamati che vi hanno rinunciato, questi possono sempre accettarla, se non è già stata acquistata da altro dei chiamati, senza pregiudizio delle ragioni acquistate da terzi sopra i beni dell’eredità.

La rinunzia all’eredità si può impugnare solo se è l’effetto di violenza o di dolo. L’azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui è cessata la violenza o è stato scoperto il dolo.

I chiamati all’eredità, che hanno sottratto o nascosto beni spettanti all’eredità stessa, decadono dalla facoltà di rinunziarvi e si considerano eredi puri e semplici nonostante la loro rinunzia.

Eredità giacente

Quando il chiamato non ha accettato l’eredità e non è nel possesso di beni ereditari, il tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, su istanza delle persone interessate o anche d’ufficio, nomina un curatore dell’eredità (art. 528 e sgg. c.c.).

Il curatore è tenuto a procedere all’inventario dell’eredità, ad amministrarla, a depositare presso un istituto di credito designato dal tribunale il denaro che si trova nell’eredità o si ottiene dalla vendita dei mobili o degli immobili, e, da ultimo, a rendere conto della propria amministrazione.

Il curatore può provvedere al pagamento dei debiti ereditari e dei legati, previa autorizzazione del tribunale. Se però alcuno dei creditori o dei legatari fa opposizione, il curatore non può procedere ad alcun pagamento, ma deve provvedere alla liquidazione dell’eredità secondo le norme degli articoli 498 e seguenti.

Le disposizioni della sezione II del capo V di questo titolo, che riguardano l’inventario, l’amministrazione e il rendimento di conti da parte dell’erede con beneficio d’inventario, sono comuni al curatore dell’eredità giacente, esclusa la limitazione della responsabilità per colpa.

Il curatore cessa dalle sue funzioni quando l’eredità è stata accettata.

Petizione di eredità

L’erede può chiedere il riconoscimento della sua qualità di erede contro chiunque possiede tutti o parte dei beni ereditari a titolo di erede o senza titolo alcuno, allo scopo di ottenere la restituzione dei beni medesimi (art. 533 e sgg. c.c.).

L’azione è imprescrittibile, salvi gli effetti dell’usucapione rispetto ai singoli beni.

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