Autoriduzione dal canone di locazione – Cass. n. 12103 2020

L’AUTORIDUZIONE DEL CANONE DI LOCAZIONE – FACOLTÀ E LIMITI

Cass. Civ. Sez. III, Ordinanza, 22 giugno 2020, n. 12103

Secondo la sentenza della Suprema Corte sotto riportata per esteso, che si colloca in un recente ma consolidato indirizzo giurisprudenziale, qualora le condizioni di degrado dell’immobile siano tali da renderlo strutturalmente inidoneo a qualsivoglia attività, senza alcun margine di dubbio, con violazione quindi degli obblighi posti a carico dei locatori ai sensi degli art. 1575 e 1576 c.c., è legittima la sospensione degli oneri relativi al pagamento dei canoni nonostante la permanenza del conduttore nella detenzione della cosa locata.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25272/2017 proposto da:

[OMISSIS 1], in persona del suo amministratore unico e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in [OMISSIS], via [OMISSIS], presso lo studio dell’avvocato [OMISSIS], rappresentata e difesa dall’avvocato [OMISSIS]

– ricorrente –

contro

[OMISSIS 2], [OMISSIS 3], [OMISSIS 4], [OMISSIS 5] IN LIQUOIDAZIONE;

– intimati –

nonché da:

[OMISSIS 2], in proprio ed in qualità di curatore di [OMISSIS 3], [OMISSIS 4], elettivamente domiciliati in [OMISSIS], via [OMISSIS], presso l’avv. [OMISSIS] (avv.ti [OMISSIS 1]), il quale li rappresenta e difende;

– ricorrenti incidentali –

contro

[OMISSIS 1], [OMISSIS 5];

– intimate –

avverso la sentenza n. 572/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio in data 8/11/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

Svolgimento del processo

[OMISSIS 1] propose appello avverso la sentenza n. 1010/2016 del Tribunale di Catanzaro, con la quale, per quanto ancora rileva in questa sede, era stata pronunciata la risoluzione del contratto di locazione ad uso non abitativo, relativo ad un immobile sito in [OMISSIS] e stipulato tra la predetta società (che aveva poi ceduto il ramo di azienda a [OMISSIS 5], contumace in primo grado) e [OMISSIS 2], [OMISSIS 3] e [OMISSIS 4], per inadempimento della conduttrice dovuto al mancato pagamento dei canoni di locazione successivi al 23 maggio 2014, data di avvenuto completamento dei lavori di manutenzione straordinaria resisi necessari a seguito di copiose infiltrazioni di acqua verificatesi nell’immobile locato.

Ritenne il Tribunale che, una volta operata la riparazione delle strutture ed escluso il protrarsi delle infiltrazioni di acqua, dovesse essere considerata indebita la sospensione del pagamento dei canoni unilateralmente adottata dalla conduttrice.

L’appellante, nell’impugnare la decisione di primo grado, sostenne che il Tribunale non aveva considerato le precarie condizioni del bene locato pur dopo l’esecuzione delle opere di manutenzione straordinaria, che non consentivano la prosecuzione dell’attività imprenditoriale ivi svolta.

In particolare, [OMISSIS 1] censurò la sentenza impugnata, denunciando l’omessa considerazione, da parte del giudice, della circostanza che, anche in epoca successiva al 23 maggio 2014, l’immobile locato versava in stato di totale inagibilità e non poteva essere goduto dal conduttore e da questi destinato all’uso contrattualmente convenuto, così lamentando la violazione delle norme di cui agli artt. 1575 e 1576 c.c..

Si costituirono in secondo grado [OMISSIS 2], in proprio e in qualità di curatore di [OMISSIS 3] e [OMISSIS 4], eccependo l’inammissibilità del gravame e chiedendone il rigetto, mentre [OMISSIS 5] rimase contumace anche in quel grado.

La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza pubblicata il 28 marzo 2017, in accoglimento dell’appello e in riforma dell’impugnata sentenza, rigettò la domanda di risoluzione contrattuale per inadempimento avanzata da [OMISSIS 2], [OMISSIS 3] e [OMISSIS 4] nei confronti di [OMISSIS 1]; dichiarò vigente il contratto di locazione sino alla data 7 giugno 2016; condannò gli appellati [OMISSIS 2], [OMISSIS 3] e [OMISSIS 4], in solido, al pagamento, in favore dell’appellante, delle spese dei due gradi del giudizio di merito, compensò le spese nei confronti di [OMISSIS 5]; pose definitivamente a carico degli appellati [OMISSIS 2] le spese di c.t.u..

Avverso la sentenza della Corte di merito [OMISSIS 1] ha proposto ricorso per cassazione, basato su un unico motivo e illustrato da memoria.

[OMISSIS 2], in proprio e in qualità di curatore di [OMISSIS 3], e [OMISSIS 4] hanno resistito con controricorso, contenente pure ricorso incidentale basato su un unico motivo.

[OMISSIS 5] non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo del ricorso principale, lamentando “Violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 28”, la società ricorrente sostiene che la Corte di merito avrebbe erroneamente limitato sino al 7 giugno 2016 la vigenza del contratto di locazione stipulato in data 31 maggio 1988 da [OMISSIS 1] (conduttrice) e [OMISSIS 2] (locatori). Ad avviso della ricorrente, allo statuito rigetto della domanda dei locatori, volta ad ottenere la declaratoria di risoluzione del contratto per inadempimento, avrebbe dovuto conseguire il giudiziale accertamento dell’attuale e perdurante vigenza del contratto di locazione medesimo, mai disdettato da nessuna delle parti contraenti e, quindi, rinnovatosi di sei anni in sei anni. Rappresenta, inoltre, la ricorrente di aver, con il ricorso in appello, chiesto espressamente alla Corte territoriale di accertare e dichiarare “la validità e l’efficacia del contratto” senza alcuna limitazione temporale e di aver chiesto l’accertamento giudiziale della legittimità della sospensione del pagamento del canone di locazione sino alla data del 6 luglio 2016 soltanto perché in tale data e in esecuzione della sentenza di primo grado l’immobile locato era stato restituito ai proprietari.

1.1. Il motivo è fondato.

Ed invero la Corte di merito, nell’affermare che “merita anche di essere accolta la richiesta di declaratoria della vigenza del contratto di locazione, stante il suo rinnovo automatico ed in difetto di valida disdetta, sino al momento del loro rilascio (così testualmente) da parte della stessa società, avvenuto in data 7 giugno 2016” non ha tenuto conto delle conclusioni come precisate in sede di appello e pure riportate nella sentenza impugnata né della circostanza che la riconsegna dell’immobile ai locatori è chiaramente avvenuta in esecuzione della sentenza di primo grado, con espressa riserva di gravame avverso tale decisione (v. verbale di riconsegna del 6 luglio 2016); quella Corte neppure ha considerato che la richiesta di conferma della legittimità della sospensione del pagamento del canone, da parte della [OMISSIS 1] e in favore dei locatori, a far tempo dalla inagibilità dei locali sino al momento del loro rilascio, avvenuto in data 7 giugno 2016, “a seguito dell’ordine impartito dal Tribunale” era stata così formulata chiaramente perché nella data appena ricordata l’immobile in questione era stato restituito ai locatori in esecuzione della sentenza di primo grado.

Stante la statuizione della Corte di merito – che pure ha accertato il rinnovo automatico del contratto e il difetto di valida disdetta – nei termini sopra riportati, risulta fondata la censura in iure proposta dalla ricorrente, e non relativa a questiones facti, come, invece, sostenuto dai controricorrenti, non avendo quella Corte così, all’evidenza, correttamente applicato la L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 28.

4. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, rubricato “Violazione di legge art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione dell’art. 1460 c.c.”, i ricorrenti incidentali lamentano che la Corte di merito abbia ritenuto che [OMISSIS 1] avesse correttamente sospeso il pagamento dei canoni di locazione, tenendo conto della situazione fotografata dalla c.t.u. espletata.

Sostengono i ricorrenti incidentali che tale statuizione lederebbe la disposizione di cui all’art. 1460 c.c., per come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ad avviso dei predetti, il conduttore può legittimamente sospendere il pagamento dei canoni invocando la norma in parola solo quando sia venuta a mancare la prestazione della controparte, ed evidenziano che, nella specie, le infiltrazioni erano cessate dal 23 maggio 2014 e, quindi, da tale data la conduttrice avrebbe dovuto riprendere il pagamento dei canoni. Inoltre, assumono i controricorrenti che, sempre secondo la giurisprudenza di legittimità, la sospensione del pagamento del canone da parte del conduttore sarebbe legittima se conforme a lealtà e buona fede e che ciò dovrebbe escludersi ogni qualvolta il conduttore continui a detenere l’immobile e sottolineano che, nel caso all’esame, [OMISSIS 1] non ha pagato i canoni di locazione dal giugno 2010 ma malgrado ciò ha detenuto l’immobile sino a giugno 2016, così dimostrando di avere interesse a mantenere la disponibilità dell’immobile, pur avendone dedotto la inutilizzabilità.

2.1. Il motivo è infondato.

Va anzitutto evidenziato che, sulla base delle risultanze della c.t.u. espletata (in motivazione della sentenza impugnata viene riportata in parte la relazione dell’ausiliare in cui, tra l’altro, si legge che “L’unità immobiliare di proprietà degli attori si presenta in uno stato di degrado ed abbandono causato dall’assenza di interventi manutentivi atti a ripristinare le normali condizioni d’uso compromesse da infiltrazioni d’acqua avvenute in passato”) e delle foto allegate alla menzionata relazione, la Corte territoriale ha ritenuto sussistente una “condizione di assoluto degrado dell’immobile: muri palesemente scrostati, pavimenti deteriorati, soffitto fatiscente, tracce di lavori murari non coperte”, condizione tale “da renderlo strutturalmente inidoneo a qualsivoglia attività senza alcun margine di dubbio”, e ha reputato che “tanto determina, evidentemente, la violazione degli obblighi gravanti sulla parte attrice ai sensi degli artt. 1575 e 1576 c.c.” e “vale a determinare legittimamente la sospensione degli oneri relativi al pagamento dei canoni, versandosi in ipotesi nella quale l’operatività dell’art. 1460 c.c. è da ritenere ampiamente ricorrente”. Quella Corte ha pure affermato che “difetta in radice la prova dell’adempimento delle obbligazioni gravanti sulla parte locatrice”.

Tanto precisato ed evidenziato che nel motivo del ricorso incidentale non è riportato – il che impedisce a questa Corte di valutarne la decisività – il tenore testuale del verbale di sopralluogo dal quale, secondo i ricorrenti incidentali, dovrebbe desumersi che la [OMISSIS 1] si era detta disponibile a ripristinare i locali, il che però è nettamente negato dalla ricorrente (v. memoria, p. 5), osserva il Collegio che la decisione della Corte di merito, sia pure con motivazione sintetica e in parte implicita sul punto in questione (Cass. 15/04/2011, n. 8767, Cass., ord., 13/01/2020, n. 326), risulta in linea con i più recenti approdi della giurisprudenza di legittimità, condivisi da questo Collegio, secondo i quali “l’art. 1460 c.c., prevede una forma di autotutela che attiene alla fase esecutiva e non genetica del rapporto e consente al conduttore, in presenza di un inadempimento del locatore, di sospendere liberamente la sua prestazione, nel rispetto del canone della buona fede oggettiva, senza la necessità di adire il giudice ai sensi dell’art. 1578 c.c.” (Cass. 25/06/2019, n. 16917), con la precisazione che “in tema di locazione di immobili, il conduttore può sollevare l’eccezione di inadempimento ai sensi dell’art. 1460 c.c., non solo quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte, ma anche nel caso in cui dall’inesatto adempimento del locatore derivi una riduzione del godimento del bene locato, purché la sospensione, totale o parziale, del pagamento del canone risulti giustificata dall’oggettiva proporzione dei rispettivi inadempimenti, riguardata con riferimento al complessivo equilibrio sinallagmatico del contratto e all’obbligo di comportarsi secondo buona fede” (Cass. 25/06/2019, n. 16918; v. anche Cass., ord., 22/09/2017, n. 22039). E’ stato pure da ultimo ribadito che “in tema di locazione di immobili, il conduttore può sollevare l’eccezione di inadempimento, ai sensi dell’art. 1460 c.c., non solo quando venga completamente a mancare la prestazione del locatore, ma anche nell’ipotesi di suo inesatto inadempimento, tale da non escludere ogni possibilità di godimento dell’immobile, purché la sospensione del pagamento del canone appaia giustificata, in ossequio all’obbligo di comportarsi secondo buona fede, dall’oggettiva) proporzione dei rispettivi inadempimenti, avuto riguardo all’incidenza della condotta della parte inadempiente sull’equilibrio sinallagmatico del contratto, in rapporto all’interesse della controparte. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha accolto il ricorso proposto dal conduttore, che aveva lamentato l’erroneità della decisione di merito nella parte in cui aveva ritenuto illegittima la sospensione, da parte sua, del pagamento dei canoni, a fronte dell’inadempimento del locatore all’obbligo assunto di ottenere dalla pubblica amministrazione il mutamento di destinazione d’uso dell’immobile da “magazzino” a “locale commerciale”, nonché per le infiltrazioni d’acqua e gli allagamenti verificatisi)” (Cass. 26/07/2019, n. 20322).

Come precisato dalla sentenza di questa Corte n. 16918/2019, già citata (v. in motivazione), “L’importanza della prestazione, per così dire, permanente del locatore, ovvero la detenzione dell’immobile da parte del conduttore che è derivata dalla consegna, non è sufficiente… per compiere e cristallizzare la realizzazione esecutiva del sinallagma, ovvero per escludere definitivamente la sussistenza di buona fede oggettiva nella reazione sospensiva del conduttore alle inadempienze del locatore rispetto alle ulteriori sue obbligazioni.

E se, allora, la permanenza della detenzione della cosa locata è compatibile con la sospensione totale del canone nel caso in cui l’inutilizzabilità di detta detenzione renda totale anche l’inadempimento del locatore, qualora invece sussista ancora un grado di utilizzabilità dell’immobile locato, ovvero una “quota” di adempimento del locatore, il conduttore potrà sospendere in proporzione il versamento del canone, applicandosi quindi integralmente l’art. 1460 e seguendo, per effettuarne nel concreto la corretta applicazione, il parametro posto nel comma 2 dell’articolo, ove lo si evince a contrario: se non corrisponde alla buona fede oggettiva sospendere l’adempimento nel caso in cui l’inadempimento o l’adempimento inesatto di controparte “avuto riguardo alle circostanze” non giustifichi la sospensione, viceversa la sospensione è corrispondente alla buona fede oggettiva quando “avuto riguardo alle circostanze” l’inadempimento o l’adempimento inesatto del locatore è tale da giustificare il rifiuto di adempimento del conduttore. E in questo raffronto sintonizzante non può non venire inclusa pure la sospensione parziale – quindi la determinazione proporzionale del quantum del canone sospeso -, proprio perché (cfr. art. 1218 c.c.) si tratta di una reazione che deve essere il consequenziale riverbero non solo di un inadempimento, ma – come il più delle volte è configurabile nel contratto locatizio quando l’eccipiente è il conduttore che permanga nella detenzione dell’immobile – anche di un adempimento inesatto (exceptio non rite adimpleti contractus)”.

E nel caso di specie, come già sopra evidenziato, la Corte territoriale ha, in base ad un accertamento in fatto, non censurabile in questa sede, ritenuto che le condizioni di assoluto degrado dell’immobile erano tali da renderlo strutturalmente inidoneo a qualsivoglia attività, senza alcun margine di dubbio, con violazione degli obblighi posti a carico dei locatori ai sensi degli artt. 1575 e 1576 c.c. e da determinare legittimamente la sospensione degli oneri relativi al pagamento dei canoni, così implicitamente ritenendo sussistente la buona fede oggettiva nella reazione sospensiva del pagamento del canone della conduttrice alle rilevate inadempienze dei locatori e compatibile, con la sospensione totale del canone, la permanenza della conduttrice nella detenzione della cosa locata.

3. Alla luce delle argomentazioni che precedono, il ricorso principale deve essere accolto mentre va rigettato il ricorso incidentale. La sentenza impugnata va cassata in relazione al ricorso accolto e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione.

4. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte dei ricorrenti incidentali, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; cassa in relazione al ricorso accolto la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Conclusione

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, l’8 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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